Difficile è riconoscere un Maestro quando lo si incontra, occorrono umiltà, qualità spesso malvista, fraintesa, e consapevolezza.
Il Maestro può essere un evento occasionale, una lezione di vita impartita inconsapevolmente: un passante incontrato per strada, il cane del vicino, il fiore sulla strada, la pioggia che ci coglie impreparati. Altre volte il/la Maestro/a l’abbiamo cercato, riconosciuto, scelto e siamo stati accettati da lui/lei. Anche in questo caso facciamo fatica ad accettarne l’insegnamento. La presunzione e l’invidia non ci permettono di riconoscere meriti all’altro. Si sente il bisogno di discutere, confutare, ribellarsi, svalutare, tutto pur di non ammettere di essergli debitori. Tutto in nome di una distorta idea di egualitarismo in cui “siamo tutti uguali” e tutti vogliamo primeggiare.
Qual è il primo insegnamento che un maestro impartisce? La capacità di provare riconoscenza, è da questa qualità che partiamo per costruire un Sé integro e funzionante (qualcuno parlerebbe di autostima e assertività). Il negare all’altro riconoscenza e rispetto ci impedisce di sentirci meritevoli e di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi. Lo psicanalista didatta Davide Lopez ha definito questa parte di noi il Sé Luciferino, il sabotatore interno.
In genere il Maestro ha la scomoda capacità di sottolineare ciò che vogliamo nascondere, di toglierci dalla nostra confort zone, ma soprattutto ci toglie l’illusione che il nostro bambino onnipotente coltiva con caparbia ostinazione: di non aver bisogno d’insegnamenti per rincorrere il mito di una falsa indipendenza “del farsi da soli”.
Si confonde l’Individuazione (la realizzazione del proprio sé autentico) con il triste individualismo.
Che tristezza sentir dire i maestri non esistono!
La mancata riconoscenza del e al maestro sottende l’incapacità d’imparare. In Oriente si parla di mente da principiante, cioè l’attitudine a guardare la vita e l’altro con curiosità, attenzione, come fonte di apprendimento.
Come direbbe il Maestro Totò non si nasce “imparati”.
Spesso più che seguire un Maestro (da magister colui che condivide quello che sa) è più facile lasciarsi sedurre da un Magus (colui che detiene quello che sa e che può usare le proprie conoscenze in maniera manipolatoria). Ambedue le parole derivano dallo stesso morfema protoindoeuropeo Mg che significa conoscere. Più facile restare abbagliati da falsi miti che perseguire un umile lavoro interiore.